Sperare l'insperabile

Un altro fenomeno importante all’interno delle prime esperienze religiose, lo possiamo trovare in alcune antichissime sepolture. 

Le prime sepolture di cui abbiamo testimonianza risalgono al paleolitico medio (120.000-40.000 a.C.) Nelle località di Le Moustier e La Ferrassie, in Francia, intorno al 1920 gli archeologi hanno trovato sepolture neanderthaliane che testimoniano un particolare di grandissimo interesse: i defunti furono sepolti in posizione rannicchiata, circondati da utensili, fiori e cibo.

Ciò che vogliamo sottolineare a proposito di questi ritrovamenti è la posizione del defunto: era quella fetale, ossia quella del bambino nel grembo della madre. Questo particolare ci permette di affermare che già l’uomo di Neanderthal aveva sviluppato l’idea della possibilità di una vita dopo la morte.

Infatti, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, la prima “divinità” raffigurata dall’uomo primitivo, rappresentava la madre terra. Questo ci permette di affermare che molto probabilmente gli uomini primitivi che riponevano i defunti in posizione fetale, consideravano possibile una “seconda nascita” dell’uomo dopo la morte dal grembo della madre terra.

Una dimostrazione di quanto stiamo dicendo la ritroviamo, in modo evidente, in una sepoltura del 5000 a.C., ritrovata di recente (marzo 2006) presso la località di Vicofertile in provincia di Parma. In questa sepoltura gli archeologi hanno rinvenuto i resti di una donna in posizione fetale e, davanti al suo viso, una statuetta raffigurante la dea madre. Vicino alla donna erano presenti i resti di quattro maschi di età differenti, anche loro nella classica posizione fetale.

Anche questa ulteriore prova ci mostra come gli uomini primitivi credessero che la morte non fosse l’ultima parola e così, accanto al defunto, riponevano del cibo e degli attrezzi che gli sarebbero potuti servire nella sua “seconda vita” pensata, probabilmente, molto simile alla “prima”.

Certo, questa idea di una vita dopo la morte era ancora molto primitiva, ma testimonia un dato fondamentale all’interno dell’esperienza religiosa: se esiste un essere superiore, allora è lecito sperare che la morte non sia l’ultima parola sulla vita dell’uomo.











I risultati di un ampio studio multidisciplinare hanno permesso di ricostruire, nel sito neandertaliano di La Ferrassie, in Francia, la presenza di una sepoltura scavata in uno strato sedimentario, nella quale 41.000 anni fa venne depositato il corpo di un bambino di due anni. Si tratta dei più recenti resti di Neandertal datati in modo diretto

Una fossa scavata in uno spazio preparato per l’occasione e il corpo di un bambino di due anni adagiato al suo interno: un Neandertal vissuto 41.000 anni fa. È lo scenario ricostruito da un gruppo internazionale di ricerca a La Ferrassie, in Francia: uno dei più famosi siti neandertaliani. I risultati – pubblicati su Scientific Reportsdocumentano per la prima volta che i Neandertal seppellivano i loro defunti. Non solo: i resti fossili esaminati appartengono al più recente Neandertal fino ad oggi datato in modo diretto.

Lo studio è stato realizzato da una squadra di 14 ricercatori provenienti da cinque paesi, guidata da Antoine Balzeau del CNRS e del Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi (Francia) insieme ad Asier Gómez-Olivencia dell'Università dei Paesi Baschi (Spagna). Unica italiana del gruppo è la professoressa Sahra Talamo direttrice del nuovo laboratorio di radiocarbonio BRAVHO (Bologna Radiocarbon laboratory devoted to Human Evolution) presso l’Università di Bologna e dell'Istituto Max Planck di Antropologia Evolutiva (Germania), che ha realizzato le datazioni al radiocarbonio dei reperti, fondamentali per ricostruire il contesto temporale del ritrovamento.

"Si tratta di risultati sorprendenti, che aggiungono un nuovo importante tassello al puzzle per comprendere lo sviluppo di comportamenti complessi nei Neandertaliani", dice Talamo. "Questo lavoro dimostra ancora una volta l'importanza della datazione diretta dei resti umani, che in questo caso è caduta anche nella parte della nuova curva di calibrazione IntCal20 che ha migliorato la risoluzione delle analisi al radiocarbonio".

L'ipotesi che i Neandertal seppellissero i loro morti - con tutte le implicazioni simboliche e comportamentali che sono associate a questa pratica - è da tempo oggetto di un ampio dibattito. Molti ricercatori sostengono che solo l'Homo Sapiens praticasse attività funerarie. Ma questo è forse dovuto anche al fatto che molti dei resti di Neandertal meglio conservati sono stati ritrovati più di un secolo fa, quando le tecniche di scavo erano molto meno rigorose degli standard attuali: un elemento che ha reso a lungo impossibile convalidare le potenziali sepolture con criteri scientifici moderni.

Per questo il gruppo di ricerca è tornato sul famoso sito neandertaliano di La Ferrassie: un rifugio roccioso che si trova vicino ad una collina calcarea nel comune di Savignac de Miremont, nella regione francese della Dordogna. Qui all'inizio del secolo scorso vennero infatti ritrovati diversi scheletri di Neandertaliani adulti. E tra il 1970 e il 1973 emersero anche i resti di un bambino, identificato come La Ferrassie 8.

Gli studiosi hanno quindi messo in campo un'indagine multidisciplinare per documentare il contesto archeologico di La Ferrassie 8, svolgendo ricerche direttamente sul sito archeologico ma anche nelle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Les Eyzies e del Museo Nazionale di Storia Naturale a Parigi, oltre che negli archivi del Musée de l'Homme e dell'Institut de Paléontologie Humaine, sempre a Parigi.

In questo modo è stato possibile tracciare la distribuzione spaziale dei resti umani e degli oggetti archeologici ritrovati sia durante gli scavi effettuati nel 1968 e nel 1973 che nel corso di nuovi scavi realizzati nel 2014. Sono emersi così quasi cinquanta nuovi frammenti di fossili umani. Sono stati inoltre raccolti dati geocronologici grazie alla datazione al Carbonio 14 e alla datazione con luminescenza (OSL). E sono state effettuate analisi del DNA proteomico e antico, un'analisi tafonomica completa di tutti i resti ossei umani e della fauna associata, e analisi sul contesto geologico e stratigrafico del sito.

Collegando tutti i dati raccolti, i ricercatori hanno così dimostrato la presenza di una sepoltura scavata in uno strato sedimentario sterile, privo di altri oggetti archeologici, nella quale è stato depositato il corpo di un bambino di due anni. All'interno, un frammento di osso umano è stato identificato con una tecnica di spettrometria di massa chiamata ZooMS ed è stato associato ai Neandertal attraverso lo studio del suo DNA mitocondriale. Dopo essere stato datato con il metodo del radiocarbonio, gli è stata assegnata un'età compresa tra i 41.700 e i 40.800 anni fa.

"Si tratta di una datazione non solo più recente rispetto ai resti faunistici trovati nel livello archeologico soprastante, ma anche più recente dell'età ottenuta con il metodo della luminescenza per lo strato sedimentario che circonda il bambino", commenta Antoine Balzeau. "È la prima volta in Europa che una simile quantità di dati scientifici permette di dimostrare che i Neandertal hanno effettivamente seppellito volontariamente uno dei loro defunti".